Notti senza sonno by Jeffery Deaver

Notti senza sonno by Jeffery Deaver

autore:Jeffery Deaver [Deaver, Jeffery]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2020-11-30T12:00:00+00:00


Per tornare a Kilby Mill si dovevano percorrere quasi cento chilometri di asfalto fatto di salite, discese e tornanti interrotti di tanto in tanto da paesini sonnolenti, roulotte scassate e pareti di granito sulle quali qualcuno aveva scritto con le bombolette spray: PREPARATEVI A INCONTRARE IL VOSTRO DIO. Caroleen e io discutemmo delle generazioni di Perkins e Humfrey che erano vissute tra quelle montagne, dai picchi e dalle cascate della Contea di Rabun alle valli boscose a ovest di Brasstown. Stando alle leggende di famiglia, i primi Perkins erano approdati su quelle sponde con le ondate di detenuti delle prigioni inglesi. Nulla di ciò che era avvenuto nella nostra famiglia da allora mi aveva dato motivo di dubitarne. Per quel poco che sapevo, i miei avi erano stati agricoltori, allevatori di maiali, boscaioli e garzoni, con una parentesi militare durante la Guerra Civile. Gli introiti di famiglia erano stati quasi di certo arrotondati dalla produzione segreta di una certa bevanda illegale ad alto numero di ottani.

Quando arrivammo al villino di legno di Caroleen, nei pressi di un torrentello ai piedi del monte Bezetha, era già sera. Mi diede una cassetta degli attrezzi di latta ammaccata, le chiavi del cottage e le istruzioni per arrivarci. A bordo della mia Ford Fusion a noleggio mi inerpicai per le infide strade di terra rossa a due corsie che aggiravano il Bezetha, poi svoltai su una mulattiera ricoperta di ghiaia che saliva lungo il fianco boscoso della montagna.

Quando non lottavo per impedire all’automobile di cadere giù da qualche dirupo, pensavo a Caroleen. Eravamo secondi cugini da parte di una mia bisnonna, o terzi da parte di una nonna, non ricordo. Caroleen era una ragazza dolce, più o meno della mia età, carina nel senso stagionato del termine, con una risata contagiosa e un modo molto diretto di guardarmi. La sua cadenza montanara mi faceva pensare ai miei genitori, morti da un pezzo. Quando ero arrivato da Atlanta, quel mattino, e ci eravamo incontrati, avevamo ammesso di avere in comune vaghi ricordi d’infanzia, probabilmente risalenti a uno dei tanti viaggi per tornare «giù a casa», durante i quali i miei avevano portato anche Bill, Libby e me, una vita fa. Io avevo appreso che era sposata con un camionista che non c’era quasi mai. Lei di me aveva saputo che ero diventato padre, che stavo aspettando (ehm) di cominciare un nuovo lavoro e che mi vedevo con qualcuno, più o meno. Quelle confidenze avevano tolto di mezzo la tensione dovuta al fatto che avremmo trascorso da soli la notte nel suo villino.

Il giorno dopo, ovviamente, avrei fatto ritorno a Detroit.

O almeno, era quello che credevo.



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